Sfiducia verso la Ue: quali provvedimenti vanno presi Intervento della sen. Luciana Sbarbati in seguito alle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla politica europea Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, negli ultimi tempi, anche per l’approfondirsi della crisi, è emersa con sempre maggiore chiarezza ed evidenza la crescente disaffezione da parte dei cittadini verso le istituzioni europee, frutto della scarsa fiducia che i popoli europei ormai nutrono nei confronti delle istituzioni europee, ritenute non in grado di affrontare i grandi problemi a cui il continente deve fornire risposte all’altezza delle grandi sfide imposte dalla globalizzazione. La sicurezza, la crisi economica, i problemi climatici ambientali, la riconversione dell’economia sono temi che ormai chiedono una governance europea. Gli Stati Uniti hanno perso da tempo l’egemonia e da soli non sono più in grado di sostenere il peso di una governance mondiale. La competizione ormai si fa per continenti e il cuore pulsante dell’economia si è trasferito dal versante dell’Atlantico a quello dal Pacifico, dove prosperano i Paesi emergenti, a fronte invece dei gravi squilibri che il velocissimo progresso economico e tecnologico della Cina, dell’India e del Brasile sta provocando nel quadro dell’economia globale. L’Europa non sa e non riesce a reagire alla perdita di ruolo nel quadro geopolitico mondiale, oltre che nella politica economica. Abbiamo fatto la moneta unica, ma manca un governo politico che dia in Europa forza e stabilità alla moneta. Non c’è una politica estera comune, che è tutta da inventare dopo l’11 settembre, così come, a mio avviso, sono totalmente da riscrivere tante pagine di diritto internazionale ormai stracciate e superate, prive di forza giuridica e politica. La soluzione dei problemi legati all’ambiente, alla crescita sostenibile, allo sviluppo economico, alla creazione di infrastrutture per la conoscenza, al degrado sociale, alla povertà, all’immigrazione e all’emigrazione può essere affrontata solo a livello di un’Europa che sappia in fretta ridefinire il suo nuovo ruolo, avendo già perso la leadership nei mercati e nella politica internazionale, puntando sull’economia della conoscenza, investendo in innovazione, ricerca e sviluppo, sulla cooperazione internazionale, dialogando con le varie diversità rispettandole per garantire la pace. Questa crisi, non imputabile certamente alla sola Europa, ha messo in evidenza come non sia più possibile mantenere un modello di integrazione confederale a fronte di un’unione monetaria che ha reso interdipendenti i suoi membri ed ha costretto i Paesi dell’euro ad avviarsi a forme più strette di unione, nella prospettiva di cedere ampie fette di sovranità nazionale. L’Europa non può rimanere in uno stato perenne di minorità politica, pena lo svuotamento di fatto delle prerogative potenzialmente sovranazionali delle istituzioni comunitarie, che finiscono per perdere valenza politica e capacità propulsiva, così come accaduto alla Commissione europea e allo stesso Parlamento europeo. Il Vertice dell’8-9 dicembre scorso di Bruxelles ha finalmente sancito una svolta nella storia dell’Unione ed è terminato l’avvio di un rafforzamento dell’Unione monetaria con l’apertura di una nuova fase del processo europeo attorno al progetto dell’Unione monetaria, fiscale e di bilancio che, in un orizzonte temporale molto breve, deve andare oltre il nuovo Patto di stabilità per realizzare una vera unione fiscale e politica. In questo processo, signori del Governo, l’Italia deve fare la sua parte con saggezza, con l’autorevolezza del suo storico europeismo, con un ruolo nuovo da esercitare, con le sue carte in regola, per favorire, mediante una convinta e sostanziale cessione di sovranità, l’unità politica del continente. Occorre un cambio di mentalità, occorre tornare a riflettere sui pilastri valoriali dell’Unione per decidere di fare dell’Europa, invece che l’attuale somma di interessi nazionali, un’effettiva comunità politica. Questa deve essere la nostra ambizione: gli Stati Uniti d’Europa. Del resto, il Libro bianco della commissione Delors ha ampiamente chiarito che l’Europa può tornare ad essere competitiva a livello globale ed avviare un nuovo ciclo di sviluppo basato su un modello sostenibile, capace di utilizzare al meglio le potenzialità dell’economia della conoscenza, solamente con un piano unico. Ci aspetta una fase difficile di austerità che richiede scelte responsabili per attuare complessi piani di ristrutturazione finanziaria, economica e produttiva, indispensabili per rilanciare lo sviluppo, che comportano inevitabilmente di affrontare il tema della legittimità democratica spiegando e giustificando all’opinione pubblica la cancellazione della prerogative dei rispettivi Parlamenti nazionali nel controllo dei bilanci e nella definizione delle politiche economiche. Tutto ciò implica il superamento del metodo comunitario, che ha finito per rafforzare sia il parlamentarismo che il metodo intergovernativo, con la conseguenza di ridurre il ruolo della Commissione a puro organo tecnico di vigilanza. La Gran Bretagna, d’altro canto, si è autoesclusa da questo nuovo processo, in linea purtroppo con la sua visione dell’Europa tutta incentrata sul mercato unico, già sconfitta dalla storia. Questo comporta un più incisivo lavoro per superare i limiti ancora presenti negli strumenti concordati, per affrontare l’emergenza dei debiti sovrani e per puntare ad un’Europa federale, che superi definitivamente le ormai impraticabili soluzioni comunitarie che, più che unire, ci dividono e ci rendono più deboli. Se si vuole salvare l’euro e con esso l’originario progetto europeo, occorre che tutti, in primis il Governo italiano, facciano in maniera convinta la loro parte, puntando sulle leve fondamentali di un’Europa federale che, con la sua moneta ma anche con la fiscalità e la politica economica comune integrata a quella della ricerca e dello sviluppo tecnologico organizzati su basi continentali, sappiano restituire sano realismo alla politica europea. Noi dobbiamo riconoscere che oggi si percepisce sempre più la sfiducia generale attorno al progetto dell’Unione politica degli Stati europei, che favorisce rigurgiti nazionalistici e populistici. Dobbiamo perciò impegnarci a combatterli per costruire l’Europa dei popoli, per restituire fiducia alle sue istituzioni, riformate e rafforzate nella legittimità democratica e nell’autonoma capacità decisionale. Su questo terreno si gioca non solo la realizzazione dell’Europa dei popoli, ma anche la credibilità che l’Italia sta faticosamente riconquistando grazie ad un impegno europeo ritrovato e convinto che noi sosteniamo, a cominciare dall’accordo sul fiscal compact, tappa importante per riavviare un serio processo di integrazione europea. Sen. Luciana Sbarbati |